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di Pierre YelenÈ tempo di raccogliere gli ortaggi. Nel Plateau Mossi, in Burkina Faso, la produzione di pomodori è buona. Lo conferma il va e vieni dei camion dei commercianti del Ghana che approfittano dei prezzi bassi per riempiere i magazzini a casa loro. Invero, sono gli stessi commercianti che fissano i prezzi bassi. L’Offerta non ha potere contrattuale. Gli agricoltori burkinabé producono beni alimentari ma gestiscono poco e male la parte commerciale. Trattandosi, poi, di ortaggi - per i quali è praticamente impossibile immaginare la conservazione per la quasi totale mancanza della “catena del freddo” - i piccoli agricoltori riescono a commercializzarli solamente alla raccolta. Il pomodoro è un prodotto che deperisce velocemente, nell’arco di circa 15 giorni, la scelta è quindi obbligata: vendere o far marcire il prodotto sul campo. Sembra incredibile per un Paese in perenne insicurezza alimentare ma spesso anche il 70% della produzione di pomodori può restare sul campo!

Nel confinante Ghana, invece, le installazioni idroelettriche garantiscono quell’energia che serve a far funzionare gli impianti di conservazione di prodotti alimentari, anche del “fresco”. I commercianti, quindi, comprano i pomodori nella stagione di massima produzione, in Burkina Faso, li conservano per 3-4 mesi, per poi rimetterli sul mercato quando il prezzo sale anche di 4-5 volte. Spesso li riportano anche nel Plateau Mossi, per soddisfare il bisogno degli stessi piccoli contadini dai quali li hanno acquistati. Le meraviglie del libero mercato, anche nei Paesi dell’Africa occidentale.

A Loumbila si stanno raccogliendo le cipolle. Un gruppo di donne del villaggio gestisce un perimetro irriguo, con l’assistenza tecnica del team della ONG Tamat. Le attività di solidarietà nei Paesi poveri del mondo non si fermano, nemmeno al tempo del Coronavirus.

Le ONG non arretrano. La responsabile, per ragioni di sicurezza, ha chiuso l’ufficio, ma continua a lavorare da casa, come tutti gli altri colleghi burkinabé. Il giovane agronomo, sul campo, valuta le produzioni di cipolla. Una parte sarà venduta al Resort della Croce Rossa, un’altra deve essere ancora collocata. Dà suggerimenti su come e dove vendere il prodotto. Sa bene che la sicurezza alimentare si persegue non soltanto producendo ma anche vendendo ad un prezzo remunerativo del lavoro delle donne coltivatrici.

Gli operatori delle ONG non arretrano. Nonostante i rischi aumentati, in Paesi con sistemi sanitari inefficaci, con il coprifuoco, con la difficoltà di trovare anche gli alimenti di base, che a volte scarseggiano. Rimangono a fianco delle popolazioni bisognose che sono le beneficiarie degli interventi di cooperazione internazionale.

Sono questi comportamenti che rispondono, nei fatti, ai censori di turno che, in Italia, domandano, tra lo sprezzante ed il borioso, cosa facciano le ONG per lottare contro il Coronavirus. Sarebbe banale, infatti, ricordare unicamente che le ONG stanno garantendo anche il sostegno alle strutture pubbliche in difficoltà di fronte alla pandemia. Si, a quelle che hanno subito per anni i “tagli” del sistema sanitario.

Le ONG sono state, e sono ancora, la spina dorsale del sistema di cooperazione internazionale italiano. Hanno garantito una presenza efficace e relazioni importanti con i popoli di tanti Paesi, a prescindere dalla presenza/assenza della diplomazia italiana. Tra i risultati di questo lavoro vogliamo annoverare anche le attestazioni di solidarietà che l’Italia sta ricevendo in questi giorni. Il Presidente dell’Albania, Edi Rama, ha annunciato l’invio di 30 persone, fra medici ed infermieri. Il governo cubano ha già inviato specialisti sanitari in Italia.

Le ONG, anche al tempo di Covid19, continuano a fare cooperazione internazionale, con spirito di solidarietà, alla ricerca di soluzioni condivise.

28 marzo 2020

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