di Pierre Yelen - Ormai ci sono casi conclamati di coronavirus nei Paesi del Sahel, si cominciano a contare i decessi, anche se l’allarme è su cifre ancora lontane dai livelli europei. La domanda centrale è come e se il Covid19 potrà incidere sullo stato di sicurezza alimentare di questi Paesi.
Lo scenario regionale, a dicembre 2019, indicava una produzione agricola di circa il 15% superiore a quella della media degli anni precedenti; tuttavia molti esperti internazionali (CILSS e Club du Sahel/OCSE) già temevano l’instaurarsi di aree d’insicurezza alimentare significative che avrebbero potuto interessare nove milioni di persone. Anche quest’anno, dunque, continua la contraddizione dei Paesi saheliani che, pur nelle stagioni di buona produzione, non riescono a garantire totalmente l’accesso agli alimenti di base ad una parte della loro popolazione, anche quando i prezzi sono bassi.
In Burkina Faso, a fine marzo 2020, sono stati pubblicati i dati ufficiali della campagna agricola: la produzione complessiva di miglio, sorgo, mais, fonio e riso, i cereali basilari per l’alimentazione, è al di sopra della media degli ultimi 5 anni. Anche quella del fagiolo e della patata – le altre colture alimentari fondamentali – è stata positiva e superiore alla media quinquennale. I prezzi sono accessibili anche ai consumatori con minori capacità di spesa. Tutto ciò nonostante che, in alcune zone del Nord del Paese, la stagione sia stata siccitosa e, oltre alle coltivazioni erbacee, ha condizionato i risultati dell’allevamento del bestiame: ridotto accesso all’acqua– diminuzione dei punti d’abbeveraggio - e scarsa qualità dei pascoli, seccati presto.
L’arrivo del coronavirus trova, quindi, una realtà-Paese non negativa, dal punto di vista della sicurezza alimentare potenziale.
Le ONG locali ed internazionali, e le organizzazioni delle Nazioni Unite, non sono di quest’avviso. In alcune aree, soprattutto quelle del Nord, una parte della popolazione non potrà soddisfare totalmente i bisogni alimentari, nei prossimi due mesi. Non si potrà permettere nessun’altra spesa che non sia esclusivamente alimentare, anche se essenziale (salute, scolarità dei figli, trasporto). Si tratta di un milione e mezzo di persone a rischio “crisi alimentare”. Collocate ad uno stadio “3”, nella scala dell’insicurezza alimentare che colloca a “5” lo stadio di “rischio fame”. Sono localizzate nelle due Regioni del “Sahel” e “Centro-Nord”, dove il deficit alimentare potrà generare malnutrizione in forma acuta, molto superiore a quella normale.
Gli esperti del Programma Alimentare Mondiale prevedono, inoltre, un aggravarsi della situazione nei mesi di giugno, luglio ed agosto - prima delle prossime raccolte cerealicole del 2020 –, in mancanza di un intervento d’aiuto alimentare importante da parte delle autorità locali o delle organizzazioni internazionali.
La popolazione vulnerabile potrebbe raggiungere i due milioni di persone. Si tratterebbe di circa il 10% della popolazione totale del Burkina Faso e di circa il doppio di quella attualmente contagiata da Codiv19 sull’intero pianeta!
Anche altri Paesi dell’Africa occidentale si trovano in questa situazione.
In particolare, il Niger e la zona nord della Nigeria presentano un numero di persone a rischio superiore a quello del Burkina Faso. In alcune zone già in una situazione d’urgenza alimentare.
Il coronavirus potrà aggravare questo scenario già difficile. Potrà infatti impattare su quella fascia di popolazione che basa il reddito familiare su attività economiche informali e che è fortemente perturbata dal coprifuoco e dagli inviti a “stare a casa”, soprattutto in area urbana.
In questo modo, il Codiv19 potrebbe estendere l’area d’insicurezza alimentare, in termini geografici e sociali, ad una parte di popolazione che quest’anno, in condizioni normali di produzione agro-pastorale, ne sarebbe esclusa.
10 aprile 2020