di Pierre Yelen - Jean è un autista modello. Non supera mai a destra, rispetta le priorità nelle rotonde, l’ho visto dare la precedenza ai motorini ed addirittura una volta anche ad una bicicletta. Non passa mai con il rosso.
Siamo fermi al semaforo. Subisco l’abituale assalto dei giovani venditori ambulanti: con accendini, schede telefoniche, fazzoletti, i lime in sacchetti di plastica, la cartina del Burkina Faso, anche una comoda sedia di plastica. Tutto a buon prezzo.
Ci attraversa la strada una giovane donna, un figlio appoggiato sulla schiena, allacciato con una stoffa scura. Dall’andamento sembra affaticata. Sembra non avere una meta precisa, si guarda in giro come se si fosse persa; sembra alla ricerca di qualcosa/qualcuno che non riesce a trovare. È differente dalle altre donne di questo quartiere e lo sguardo incuriosito che le dedicano i passanti mi conferma questa sensazione. È diversa anche nel vestiario, fa molto caldo ma è molto coperta, una tunica nera ed il velo dello stesso colore, gli infradito di gomma consumati, hanno lo spessore di una sottiletta, sono anche di una misura più piccola rispetto alla lunghezza del piede. Mezzo calcagno poggia sull’asfalto.
“Chi è questa signora?”
“E’ una peul viene dal Nord. “
“E che fa a Ouagadougou?”
“Viene dal campo profughi di Bissiguen. Aumentano di giorno in giorno. Ci creano molti problemi a Ouagadougou. Non lavorano, ci chiedono l’elemosina. Sono stati sorpresi anche a rubare.”
Provengono principalmente dalle province di Soum, Sanmantenga e Oudalan, al confine settentrionale col Mali ed il Niger dove gli scontri tra popolazioni locali e jihadisti sono ormai all’ordine del giorno.
“Sono fuggiti dagli eccidi jihadisti o dalle rappresaglie delle milizie locali?”
“Sono peuls. Sappiamo come sono fatti i peuls! Prima fanno comunella con i jihadisti, li ospitano, gli danno da mangiare, prendono i soldi, li aiutano a fare i saccheggi nei villaggi. Quando i nostri fratelli si vendicano, scappano via e chiedono aiuto. Pretendono i soldi dello stato che li toglie a noi per darli a loro. Se ne andassero in Mali! Sono tutti musulmani come loro, si troveranno bene. Lasciassero la terra ai contadini. Questa è la terra dei Mossi, non ce li vogliamo.” Le parole di Jean sono dirette. Non è da lui.
Jean è un uomo mite e pacato, ha una moglie e due figli. Ha una casa di due stanze nella periferia di Ouagadougou, ha una moto di proprietà. Sa leggere e scrivere, è andato a scuola fino a 12 anni. Le sue, però, non sono parole serene.
Le sue affermazioni, brevi ma accalorate, potrebbero essere la sintesi di un’analisi geopolitica. Contengono tutte le variabili che potenzialmente potrebbero mettere in una situazione di rischio esplosione il Burkina Faso, ma anche molti dei Paesi saheliani e persino la maggior parte di tutti quelli africani. Convivenza difficile tra popolazioni differenti, competizione sulle risorse naturali, il nodo fondiario non risolto, i contrasti religiosi, l’utilizzo delle poche risorse pubbliche …
Va immaginata in fretta la pars construens!
3 ottobre 2020