Da sempre le persone, da sole o in gruppo, migrano e le motivazioni sono sempre diverse. Tuttavia, vi è una crescente percezione distorta delle migrazioni e dell'effetto che la presenza di migranti a "casa nostra" avrebbe sulle nostre vite.
Commission on Migration and Health of a world on the move della Lancet - la più grande rivista di medicina d'Europa e dal XXIV Rapporto sulle Migrazioni 2018 della Fondazione ISMU ( da più di vent'anni ISMU fornisce uno spaccato sulla situazione degli stranieri in Italia e in Europa attraverso il suo Rapporto annuale), nostro partner nel progetto, tra gli altri, AwArtMali - acronimo per Awareness raising and information campaigns on the risks of irregular migration in selected third countries, finanziato dal fondo AMIF (Asylum, Migration and Integration Fund) della Commissione Europea, vogliamo offrire qualche dato per stimolare la riflessione e il dibattito su migrazione, cooperazione e sviluppo. Con questo articolo, grazie al supporto dato dalla recente pubblicazione del rapporto
Migrazione: un’opportunità
Luca Merotta, ricercatore della Fondazione ISMU, durante un recente incontro a Perugia in occasione dell'evento conclusivo della 1° ed. di UmbriaMiCo - Festival del Mondo in Comune (progetto volto all'educazione alla cittadinanza globale con orizzonte l’Agenda ONU 2030) finanziato dalla Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e coordinato da Tamat, organizzato per il 70° anniversario della Dichiarazione dei Diritti Umani, ci ha parlato proprio di migrazione lasciandoci qualche dato: ad esempio che più del 50% dei migranti africani resta in Africa. ISMU ha condotto un monitoraggio costante dei fenomeni migratori africani producendo un capitolo tematico incluso nel XXIV Rapporto 2018.
I dati della Lancet, allo stesso tempo, indicano che nel 2018 le persone che hanno deciso di muoversi sono state circa un miliardo, solo 258 milioni sono migranti internazionali - una media che rimane stabile da circa trent'anni. Di questi, circa il 65% migra nei Paesi industrializzati, per trovare lavoro. Ciò che non si racconta è che si tratta di studenti o di lavoratori e che molte indagini, compresa quella della Lancet, dimostrano come questi ultimi contribuiscano alla crescita economica dei Paesi in cui arrivano.
Il rapporto Commission on Migration and Health of a world on the move dimostra ad esempio che l'aumento dell'1% della popolazione adulta di migranti in una certa area geografica corrisponde alla crescita del 2% del PIL di quella regione. Non solo, per Lancet (e agli stessi risultati arriva l'analisi della Fondazione ISMU) i migranti contribuiscono allo stesso tempo al benessere globale.
Il direttore della Lancet, Richard Horton in una intervista riportata dal Corriere della Sera il 13 gennaio ’19 ha voluto ricordare che “è il momento di prendere coscienza dell'opportunità che le migrazioni ci offrono. Dipende solo da noi prenderne vantaggio nella consapevolezza che il benessere delle nostre società dipenderà sempre di più dal modo in cui oggi saremo capaci di gestire e governare questo fenomeno….non c’ è nulla di più importante in questo momento al mondo”.
Le diaspore: un’opportunità di crescita globale
Tutti i dati disponibili dunque dimostrano che i migranti restituiscono al Paese di destinazione più di quanto prendono e migliorano il mercato del lavoro anche per gli altri. Allo stesso tempo le diaspore contribuiscono al benessere globale inviando rimesse nei loro Paesi di origine: nel 2017 hanno spedito 613 miliardi di dollari alle loro famiglie che è molto di più di quanto i Paesi industrializzati riescano a fare nell'ambito della cooperazione allo sviluppo ( dal XXIV Rapporto sulle Migrazioni 2018 Fondazione ISMU) .
Una opportunità che è stata colta dal nostro governo che con la legge 125 dal 2014, legge che ha riformato la Cooperazione italiana, permette ai gruppi e alle associazioni di diaspore di essere parte attiva nel disegno dei progetti di cooperazione allo sviluppo: un modo per rendere, sempre di più, la cooperazione internazionale uno strumento coerente e puntuale. “Ma la persistente rigidità dei sistemi di migrazione regolare limita i benefici della migrazione circolare attraverso il trasferimento di capitale, di competenze e di valori tra Europa e Africa ” ( dal XXIV Rapporto sulle Migrazioni 2018 Fondazione ISMU) .
Tamat: una cooperazione internazionale circolare
Tamat, sta portando avanti progetti aventi come attori di una cooperazione internazionale circolare le diaspore: con RASAD - Reti di Acquisto per la Sicurezza Alimentare con il Supporto della Diaspora Burkinabé d’Italia, co-finanziato dall’ Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, stiamo portando avanti progetti di rientro volontario consapevole in Burkina Faso volti all’avvio di micro impresa. E con AwArtMali, in cui la diaspora maliana avrà il compito di creare un ponte tra l'’Europa e il Mali e giocherà un ruolo importante nelle campagne d’informazione e sensibilizzazione per rendere i giovani maliani consapevoli e informati sulle dinamiche della migrazione con interventi intersettoriali tra comunicazione, informazione, arte e cultura in Italia, Mali, Spagna e Cipro.
Il futuro dell'umanità è interconnesso e la cooperazione allo sviluppo dovrebbe informare e guidare le nostre azioni con le comunità e nei territori in Italia e nei Paesi terzi, per costruire insieme un partenariato che sia socialmente sostenibile e circolare.