Pamela Ceccarelli nasce a Perugia, è una giovane illustratrice e studia pedagogia. Un'artista che ha deciso di raccontare il suo mondo tramite l'immagine, dalla grafica alla fotografia analogica. Ci racconta che per lei l'immagine è il mezzo per arrivare alle persone, soprattutto alle più giovani, utile anche per la loro formazione
Quest'anno Pamela ha progettato per Tamat le grafiche per la campagna di Natale 2019: nello specifico ha creato l'acquarello dedicato a Berberina in Tunisia, progetto coordinato da Tamat a sostegno della rete per la sicurezza alimentare in Tunisia, e di Polli a Loumbila, progetto che Tamat porta avanti con ARCS Culture Solidali anche questo a sostegno della sicurezza alimentare questa volta in Burkina Faso.
Pamela, hai voglia di parlarci un po' di te?
Per me il rapporto con l'immagine è sempre stato presente fin dalla tenera età e rappresenta una forma di espressione personale fondamentale che ho coltivato da autodidatta nel corso del tempo, anche prima di iniziare un apposito percorso di formazione. Si è poi sviluppato e concretizzato in diverse forme e ambiti nel corso del tempo a partire dalla fotografia analogica, alla grafica e alle stampe artigianali in camera oscura. Ho frequentato corsi di formazione sulle tecniche ad acquerello, e conduco occasionalmente assieme ai collettivi fotografici di cui faccio parte corsi base e workshop di fotografia sia in una nostra sede comune sia spostandomi presso circoli fotografici o associazioni culturali in giro per il territorio. Da qualche anno mi sono appassionata all'illustrazione, ambito più adatto ad esprimere il mio modo di intendere l'immagine e ogni uso che ne deriva; l'illustrazione permette di interpretare e rappresentare tramite il linguaggio delle immagini realtà e contenuti che hanno a che fare con la collettività e con la sfera umana. Questo elemento è fondamentale per me, mi interessa cosa le immagini riescono a raccontare e non solo la loro finalità estetica, penso che le immagini possano non solo esprimere punti di vista interiori ma essere anche un importante canale per narrare realtà sociali. Mi sono sempre interessata di arte, immagini (sia fotografie che disegni), e allo stesso tempo ho cercato di mantenere un ponte con una parte della mia formazione che appartiene non solo al mondo artistico ma anche a quello umanistico ed educativo. Questo aspetto per me è essenziale in quanto riflette il mio modo di vedere il mondo e il mio stile di vita e credo caratterizzi molto il mio modo di lavorare.
Qual è il tuo percorso di formazione?
Ho studiato filosofia all'Università degli Studi di Perugia e oggi mi sto specializzando in pedagogia sempre presso la stessa Università, inoltre, dopo aver conseguito la laurea triennale ho studiato illustrazione editoriale alla Scuola Ars in Fabula di Macerata, che si occupa prevalentemente di albi illustrati per l'infanzia. Immagine e insegnamento, due mondi e due passioni che si incontrano nel mio progetto di vita. Sì, perché penso che l'immagine sia uno strumento fondamentale per la formazione dei bambini. Ma è fondamentale anche per veicolare messaggi a pubblici diversi, ai quali io mi rivolgo (ho progettato loghi per piccole aziende locali, brochure, locandine) ma in questo caso scelgo sempre progetti che abbiano alle spalle realtà e obiettivi affini al mio modo di vivere, che valorizzino la comunità e la persona.
Come e quando hai conosciuto Tamat?
Ho conosciuto Tamat circa tre anni fa tramite persone già in contatto con l’organizzazione. L’incontro con Colomba (Colomba Damiani, project manager dell’organizzazione) mi ha permesso di partecipare nel 2017 all’asta di solidarietà a cura di Marco Truffarelli della Music Farm che Tamat organizzò a sostegno del costituendo gruppo di acquisto comunitario del villaggio di Koubri, Burkina Faso all’interno del progetto RASAD. La mia opera proposta riguardava delle stampe fotografiche realizzate sulla carta riutilizzata delle bustine da tè tramite un’antica tecnica chiamata “cianotipia”. Avendo usato un supporto di riciclo sono stata invitata a partecipare ad un ulteriore progetto, “Recycling and Urban Development” promosso da Tamat NGO in collaborazione con Fiorivano le Viole e finanziato dal Erasumus + Programme Youth Exchange, all’interno del quale ho gestito un laboratorio in camera oscura condotto con un gruppo di 25 ragazzi provenienti da 5 paesi (Italia, Polonia, Lituania, Portogallo, Bulgaria) che hanno imparato a stampare sulle bustine riciclate del tè delle immagini da loro scelte per esprimere il proprio concetto di città a misura d'uomo, ideale e sostenibile, ma soprattutto in grado di ospitare delle comunità d'interesse libere e costruttive dove si possa utilizzare l'arte come strumento per ri-usare, ri-ciclare, dare nuova vita agli oggetti, nell’atto di “thinkering” ovvero 'accrocchiare' in modo produttivo, provare, riprovare, adattare e contemporaneamente condividere il piacere di queste attività con altre menti in consonanza (Paola Antonelli, Domus 2011). Le stampe hanno poi composto un unico mosaico in blueprint che è rimasto esposto in una mostra collettiva insieme ai lavori che i ragazzi hanno realizzato nei laboratori svolti con altri artisti coinvolti parallelamente nel progetto come me.
Sogni nel cassetto.
Al termine del mio percorso formativo mi piacerebbe progettare e realizzare laboratori creativi ed educativi rivolti prevalentemente a bambini e adolescenti e lavorare nell'editoria come autrice di albi illustrati, promuovendone la lettura collettiva e l'utilizzo critico. Vorrei comunque continuare parallelamente a realizzare immagini nell'ambito della comunicazione per realtà che reputo affini al mio essere come ad esempio realtà locali con finalità sociali o educative.